Junmaishu e Honjozoshu

Honjozoshu. 本醸造酒.

Honjozoshu. 本醸造酒.

Finalmente ho avuto l’occasione mondiale di aprire e gustare una buona bottiglia di sake giapponese (nihonshu). La bottiglia è quella che si vede nella foto e si trattava di un regalo di una mia carissima amica di Toyama. Purtroppo, devo sempre aspettare qualche occasione speciale per poter aprire i regali che mi fanno dal Giappone.

In Giappone nel 1992  hanno creato un sistema di classificazione per definire i premium sake: il così detto Tokutei Meishoshu. Con questo disciplinare si voleva dare delle regole certe e precise per distinguere un sake da un altro e, sopratutto, i premium sake dai sake ordinari. All’interno del Tokutei Meishoshu si possono distinguere due grandi famiglie la Junmaishu e la Honjozoshu  a seconda sia del grado di rifinitura del riso nel processo di molatura che precede la sua fermentazione sia se venga o meno immesso nel sake  una piccola quantità di puro alcol etilico distillato. E quindi, nella categoria dei Junmaishu avremo il vero e proprio sale Junmai  i cui unici ingredienti sono è riso, acqua. lieviti e koji (quindi senza aggiunta di alcol) per il quale non viene specificato il grado di molatura e pulitura del riso (riso quasi integrale); il Junmai Ginjo shu  la cui molatura deve produrre una riduzione del chicco fino al 60% (il 40% viene scartato); il Junmai Daiginjoshu in cui, come nel precedente, abbiamo come ingredienti  il riso e koji con una lavorazione del chicco di riso che lo riduce almeno del 50% o più. A queste bisogna aggiungere la Tokubetsu Junmaishu (riso fino al 65%) con cui si designano i sake che non hanno quella particolare aroma di frutta e floreale che caratterizza gli altri Junmaishu .

Abbiamo poi l’altra famiglia detta Honjozoshu che raggruppa i sake prodotti con il riso, il riso koji e l’aggiunta di una piccola quantità di alcol distillato che deve rimanere sotto il 10% del peso del riso utilizzato. Anche qui si deve poi distinguere a seconda della molatura e della parte del chicco di riso che viene scartato. E avremo lo Honjozoshu vero e proprio con una molatura inferiore al 70% (solo il 30% viene scartato); il Ginjoshu con una percentuale di molatura inferiore al 60%; il Daiginjoshu in cui il riso viene ridotto di più del 50% ed il Tokubetsu Honjozoshu .

In pratica, se si guarda al fatto se vi sia stato aggiunto alcol o meno bisogna distinguere in Junmai per indicare un sake giapponese in cui non è stato aggiunto alcol e Honjozo per gli altri. Se, poi, si guarda al grado di molatura si deve distinguere in Junmai (riso ridotto fino al 70-80%), Ginjo (riso raffinato fino tra il 60 ed il 50%) ed il Daiginjo (riso super raffinato tra il 35% ed il 49%). Per cui, per intenderci, se dico che il sake giapponese che sto bevendo è un Junmai Ginjo (o Junmai Ginjoshu) sto dicendo che quel sake non ha alcol aggiunto durante la produzione e che il grado di raffinazione che il chicco di riso ha subito è almeno del 60%.

Esistono, infine, i sake ordinari, l’equivalente del nostro vino da tavola, che vengono raggruppati sotto la dicitura Futsushu. In questa categoria, si ritrovano tutti i non premium sake, cioè quelli che per una ragione o per un’altra (ad esempio hanno immesso nella loro produzione degli addiviti o più percentuale di alcool di quella stabilita dal disciplinare) non possono essere ricondotti al Tokutei Meishoshu. Quando una bottiglia di sake non ha nessun richiamo agli otto tipi di sake riconducibili al Tokutei Meishoshu è da considerarsi senz’altro Futsushu. D’altro canto, una bottiglia di questo tipo di sake non deve necessariamente riportare sulla sua etichetta la definizione Futsushu.

Il sake che ho bevuto era un Honjozoshu ovvero un sake a cui viene aggiunto una piccola parte controllata di alcol distillato. Questa operazione viene fatta per creare e preservare meglio gli aromi ed i profumi del sake. In realtà, uno dei procedimenti risalente all’epoca Edo per produrre il sakè, già prevedeva l’utilizzo di una parte di alcol ricavato dalla distillazione dello stesso sake di riso per conservarlo ed evitarne il facile deperimento. Il sake che ho bevuto ieri aveva una buona consistenza e ottima la fragranza di frutti freschi. In effetti, lo abbiamo bevuto freddo (si dice Hiya) e devo dire con molta soddisfazione  sia per il palato che per l’olfatto. Il tasso alcolico può sembrare alto, ma in realtà era equilibrato e non aggressivo….era un premium sake, non c’è che dire!! Se qualcuno fosse interessato qui trovate il sito del produttore che ringrazio per l’ottimo nihonshu!

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