Dopo giorni passati da una metropoli all’altra, quando arrivammo a visitare la Okamura shuzo quello che mi colpì fin da subito fu l’autenticità del paesaggio rurale giapponese e la cordiale atmosfera familiare. Arrivati alla stazione della città di Sanda, ci venne a prendere una nostra amica e subito ci lasciammo alle spalle quella cittadina quasi si trattasse di una vera e propria “fuga dalla città”.
Dopo una quarantina di minuti di macchina in cui attraversammo alcuni piccoli sobborghi di campagna, nella nostra mente l’immagine dei terrazzamenti delle risaie e delle case con il tetto a spiovente si era andata a sostituire a quella dei campi e dei vigneti toscani dei nostri ricordi.
Nonosante il tempo non fosse tra i più ospitali- faceva un bel freddo!! -, fummo accolti calorosamente dalla signora Okamura e da sua figlia che subito ci offrirono un dolce fatto con il sake kasu ed un caldo the verde appena fatti. Passammo un pomeriggio per conoscere la storia di questa famiglia che da cinque generazioni vive qui e produce un nihonshu fedele espressione di questo territorio ovvero robusto e genuino nel pieno rispetto dello spirito popolare giapponese. Nella degustazione dei loro nihonshu che seguì la visita, ebbi modo di appuntare: “A tratti ricorda alcuni sangiovesi toscani prodotti in piccole quantità che mantengono quella integrità che è, poi, quel filo conduttore tra passato e presente”. La denominazione che la famiglia Okamura ha scelto è Chidori-masamune che in italiano potrebbe essere liberamente tradotto come “il sake che porta fortuna”. E direi che la fortuna, almeno nell’accezione di longevità, alla Okamura shuzo non è mancata: qui si è difronte ad una famiglia che con i suoi 130 anni di vita si fa testimone della storia e della tradizione del sake giapponese.