FirenzeSake in foto

Riceviamo e volentieri pubblichiamo i lavori degli allievi fotografi della Scuola Internazionale di Fotografia APAB di Firenze.

I giovani fotografi si sono lasciati ispirare dai sake che importiamo in Italia. A voi il giudizio!

Per tutti loro un grande e sentito augurio che la loro carriera li porti dove desiderano. E che il sake sia con voi!  Kanpai!

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Maboroshi no Taki Daiginjo Photo by Alex Cabbia e Davide Palusa

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Maboroshi no Taki Junmai Ginjo Photo by Anna Dal Toso

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Schichi Hon Yari Junmai Ginjo Photo by Paolo Gaudio

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Akitora Junmai Ginjo Photo by Simone Barni

In ordine di apparizione

Maboroshi no Taki Daiginjo

Maboroshi no Taki Junmai Ginjo

Schichi Hon Yari Junmai Ginjo

Akitora Junmai Ginjo

TO BE CONTINUED….

IYo IYo e FirenzeSake: Sandaichi in degustazione.

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Le scorse serate passate in compagnia degli aficionados frequentatori del ristorante giapponese IYo IYo hanno rappresentato l’ultima tappa di un giro di degustazioni che mi ha portato “sul campo” per condividere impressioni ed esperienze legate al sake giapponese in territorio fiorentino. Provare il vero sake giapponese in un luogo come lo IYoIYo se non è come stare in Giappone, poco ci manca.

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Fin dalla prima volta non si può non condividere le affinità che questo luogo suscita rispetto all’archetipo del ristorante giapponese. Ovvero un piccolo spazio ricco di umanità diverse che la cucina, rigorosamente a vista, accomuna. Ai tavoli puoi trovare l’enologo del Chianti ed il giornalista in enogastronomia specializzato, lo studente in economia ed il professore di lingue, l’attore famoso nel cinema e la protagonista della piece della Pergola , le amiche che sono state insieme in Giappone e le colleghe che non hanno mai mangiato il giapponese. Il cuoco giapponese – e questo non è scontato di questi tempi…- con ritmo e senza fermarsi, prepara sushi, sashimi e makizushi seguendo le preferenze dei suoi clienti.

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Insomma, IYo IYo ospita ogni sera dai semplici curiosi di assaporare per la prima volta la cucina giapponese a chi quella cucina la conosce bene e vuole ritrovare una certa genuina atmosfera nipponica. E’ chiaro che stando così le cose, quando mi è stata offerta la possibilità di promuovere il sake giapponese tra i tavoli dell’IYo IYo non ho potuto che apprezzare. Ho portato con me il Sandaichi (si pronuncia san-da-ici con la “c” morbida di “ci vediamo”…) della cantina Okamura della prefettura di Hyogo. Lo abbiamo provato sia a temperatura ambiente che fresco (5°C).

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Ammetto che il Junmai Sandaichi ben si presta per avvicinarsi al gusto del sake artigianale rappresentandone il sapore più verace. E proprio per questo nell’accostamento con il sushi ed il sashimi dell’ IYo IYo potrebbe risultare un po’ troppo, come dire, esigente. Eppure per spiegare con un semplice e piccolo assaggio che cosa sia il sake artigianale e l’origine del sake giapponese, il Sandaichi offre buoni spunti di riflessione anche ai neofiti della bevanda di riso. A ciò si aggiunga che al momento della degustazione gli ospiti erano già intenti a bere vino o birra e si può ben comprendere la scelta di un sake che sul gusto porta al cereale, al miele e ad un certo sentore di alcoli piuttosto che alle velate delicatezze fruttate che alcuni sake hanno in sé.  L’importante è che il sake sia il risultato di un processo naturale e guidato dall’esperienza.

Gli scatti sono opera della paziente osservazione del fotografo Marco Triarico.

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Il sake nell’immaginario ovvero l’immagine del sake.

 “Mi segui?..Insomma, quando parlo di sake giapponese riesci a capirmi oppure…” chiesi al mio amico…

“Come faccio ad andare avanti se non riesco a capire quale sia non tanto la conoscenza vera e propria quanto piuttosto la collocazione che trova il sake nell’immaginario collettivo ?” E’ sulla base di questa semplice, quanto importante, considerazione che da un po’ di tempo, con l’aiuto di un registratore ed una videocamera, mi aggiro per la città per intervistare qualsiasi malcapitato abbia incrociato la mia strada. L’intento era quello di raccogliere elementi che portassero a definire quale sia la percezione diffusa circa il sake giapponese. Nessuna pretesa di indagine scientifica o statistica, per carità… Solo la curiosità di carpire le linee che disegnano il sake giapponese nell’immaginario degli intervistati. Un centinaio circa i contatti reali, non virtuali. Le domande poste erano a risposte multiple ad eccezione di due domande aperte (che cos’è il sake? quali sono gli ingredienti?). Il  campione? Il più variegato per età (ma tutti maggiorenni!), sesso ed estrazione sociale. Bene, cominciamo.

Alla prima “classica”- se conosce o meno il sake – molti degli intervistati (53%) hanno risposto in modo affermativo. Tra questi alla domanda di specificare da quale paese provenga, la maggior parte ne indica il Giappone (63%) come la patria natale, seguìto da Cina (28%) e, a distanza infinitesimale, da India, Corea e Brasile. Alla domanda dove l’abbiano assaggiato, quasi tutti ammettono di averlo provato nei ristoranti giapponesi o cinesi. Qualcuno, più avvantaggiato, essendo stato in viaggio in Giappone, dichiara di averlo provato in loco scoprendo una bevanda molto delicata e sconosciuta fino a quel momento. Qualcun’ altro, appena rientrato dall’estero, annuncia orgoglioso di aver bevuto niente meno che un cocktail con il sake giapponese!

Arrivati, poi, a specificare che cosa sia questo sake, c’è stato da parte degli intervistati un fiorire di risposte molto… interessanti. Accanto a rari casi che lo identificano con un dolce (4%), ci sono ipotesi diverse: si va dall’infuso (10%), non meglio specificato, ad una specie di the verde orientale (7%); dal succo estratto da un frutto esotico (3%) alle vinacce (2%); ed infine, per un buon 74%, il sakè è una birra di riso o, meglio, un vino di riso. Se poi scendiamo agli ingredienti la fantasia evolve: per qualcuno (6%) deriva dalle rose da cui, forse, la famosa grappa di rose…; per altri (8%) dalle susine (probabile confusione con l’umeshu) o dall’uva; per altri (7%) ancora è, di nuovo, un the orientale e verde (la forza del marketing!). Per  molti (79%), deriva dal riso sia nella versione  “solo riso”, sia nella versione riso combinato con l’uva (il partito del “vino di riso”) sia, infine, nella coniugazione  riso ed altri cereali (il partito della “birra di riso”).

Sul fatto se sia un distillato, un fermentato o un estratto di frutta, c’è stato il definirsi di due schieramenti, abbastanza definiti e bilanciati, tra coloro che sostengono che sia un distillato come la grappa e coloro che affermano che sia senz’altro un fermentato come il vino. E poi c’è una minoranza per cui il sake è un estratto da un frutto esotico e, sempre, un the orientale (e verde!). E quanti gradi ha questo sake? Per la maggior parte (43%) si tratta di una bevanda decisamente molto alcolica, come la grappa, tra i 35 ed i 40 gradi; seguiti da un buon numero di intervistati (29%) per cui, invece, il sake potrebbe essere tra i 25 ed i 35 gradi; e quelli che lo identificano come il vino tra i 14 ed i 17 gradi (26%). E poi c’è la minoranza (2%) che pensa che sia  tra i 6 e 10 gradi.

Difronte all’altra classica questione se vada bevuto caldo o freddo o a temperatura ambiente, le risposte hanno rispettato le aspettative per cui la maggior parte afferma, a colpo sicuro, che vada bevuto… caldo (68%). A seguire, qualcuno afferma di averlo provato anche freddo (18%) e qualcun’altro opta per la temperatura ambiente. E poi c’è la minoranza che conferma che lo beve freddo, a temperatura ambiente e caldo (3%). Infine, ho chiesto quale fosse il momento in cui debba essere servito il sake se come aperitivo, durante il pasto o come digestivo. Anche qui, si delineano tre schieramenti tra quelli per cui il sake va bevuto a fine pasto come digestivo (34%) e quelli per cui va bevuto durante il pasto (47%). Per pochi si apre la possibilità di berlo come aperitivo (16%). E poi c’è una minoranza che ammette che lo berrebbe volentieri sempre prima durante e dopo i pasti (3%).

Nel complesso gli intervistati si sono dimostrati cittadini del mondo nei confronti di domande che suggerivano risposte multiple in cui erano presenti i classici fraintendimenti sul sake (è un distillato/grappa? un fermentato/vino? va bevuto caldo? va bevuto freddo?). In effetti, vince l’immagine per cui il sake è una bevanda senz’altro orientale che va, senza dubbio, bevuta calda dopo e durante il pasto ed è simile ad una grappa. E questo è l’immagine che è diffusa nella maggior parte delle nazioni evolute, per cui possiamo, a ragione, dirci cittadini del mondo. Sul versante delle domande aperte (che cos’è il sake? da quali ingredienti deriva?),  è da segnalare, come risposta, minoritaria, ma abbastanza ricorrente, il the che si attesta al primo posto tra “le risposte che non mi sarei aspettato”. Così come per gli ingredienti, l’uva e le susine che sono state citate più di una volta. Quello che colpisce è che, anche grazie ai ristoratori di origine orientale, molti degli intervistati abbiano ammesso di aver provato il sake, anche senza sapere di che cosa si trattasse, dimostrando una certa inclinazione alla scoperta ed alla novità.

 Ah dimenticavo prima di lasciare gli intervistati ripetevo loro, quasi come un mantra: “Ricordate il sake giapponese è un fermentato di riso che si può bere freddo, caldo o a temperatura ambiente… prima o durante il pasto, in solitaria o in compagnia.” Kanpai!