“Mi segui?..Insomma, quando parlo di sake giapponese riesci a capirmi oppure…” chiesi al mio amico…
“Come faccio ad andare avanti se non riesco a capire quale sia non tanto la conoscenza vera e propria quanto piuttosto la collocazione che trova il sake nell’immaginario collettivo ?” E’ sulla base di questa semplice, quanto importante, considerazione che da un po’ di tempo, con l’aiuto di un registratore ed una videocamera, mi aggiro per la città per intervistare qualsiasi malcapitato abbia incrociato la mia strada. L’intento era quello di raccogliere elementi che portassero a definire quale sia la percezione diffusa circa il sake giapponese. Nessuna pretesa di indagine scientifica o statistica, per carità… Solo la curiosità di carpire le linee che disegnano il sake giapponese nell’immaginario degli intervistati. Un centinaio circa i contatti reali, non virtuali. Le domande poste erano a risposte multiple ad eccezione di due domande aperte (che cos’è il sake? quali sono gli ingredienti?). Il campione? Il più variegato per età (ma tutti maggiorenni!), sesso ed estrazione sociale. Bene, cominciamo.
Alla prima “classica”- se conosce o meno il sake – molti degli intervistati (53%) hanno risposto in modo affermativo. Tra questi alla domanda di specificare da quale paese provenga, la maggior parte ne indica il Giappone (63%) come la patria natale, seguìto da Cina (28%) e, a distanza infinitesimale, da India, Corea e Brasile. Alla domanda dove l’abbiano assaggiato, quasi tutti ammettono di averlo provato nei ristoranti giapponesi o cinesi. Qualcuno, più avvantaggiato, essendo stato in viaggio in Giappone, dichiara di averlo provato in loco scoprendo una bevanda molto delicata e sconosciuta fino a quel momento. Qualcun’ altro, appena rientrato dall’estero, annuncia orgoglioso di aver bevuto niente meno che un cocktail con il sake giapponese!
Arrivati, poi, a specificare che cosa sia questo sake, c’è stato da parte degli intervistati un fiorire di risposte molto… interessanti. Accanto a rari casi che lo identificano con un dolce (4%), ci sono ipotesi diverse: si va dall’infuso (10%), non meglio specificato, ad una specie di the verde orientale (7%); dal succo estratto da un frutto esotico (3%) alle vinacce (2%); ed infine, per un buon 74%, il sakè è una birra di riso o, meglio, un vino di riso. Se poi scendiamo agli ingredienti la fantasia evolve: per qualcuno (6%) deriva dalle rose da cui, forse, la famosa grappa di rose…; per altri (8%) dalle susine (probabile confusione con l’umeshu) o dall’uva; per altri (7%) ancora è, di nuovo, un the orientale e verde (la forza del marketing!). Per molti (79%), deriva dal riso sia nella versione “solo riso”, sia nella versione riso combinato con l’uva (il partito del “vino di riso”) sia, infine, nella coniugazione riso ed altri cereali (il partito della “birra di riso”).
Sul fatto se sia un distillato, un fermentato o un estratto di frutta, c’è stato il definirsi di due schieramenti, abbastanza definiti e bilanciati, tra coloro che sostengono che sia un distillato come la grappa e coloro che affermano che sia senz’altro un fermentato come il vino. E poi c’è una minoranza per cui il sake è un estratto da un frutto esotico e, sempre, un the orientale (e verde!). E quanti gradi ha questo sake? Per la maggior parte (43%) si tratta di una bevanda decisamente molto alcolica, come la grappa, tra i 35 ed i 40 gradi; seguiti da un buon numero di intervistati (29%) per cui, invece, il sake potrebbe essere tra i 25 ed i 35 gradi; e quelli che lo identificano come il vino tra i 14 ed i 17 gradi (26%). E poi c’è la minoranza (2%) che pensa che sia tra i 6 e 10 gradi.
Difronte all’altra classica questione se vada bevuto caldo o freddo o a temperatura ambiente, le risposte hanno rispettato le aspettative per cui la maggior parte afferma, a colpo sicuro, che vada bevuto… caldo (68%). A seguire, qualcuno afferma di averlo provato anche freddo (18%) e qualcun’altro opta per la temperatura ambiente. E poi c’è la minoranza che conferma che lo beve freddo, a temperatura ambiente e caldo (3%). Infine, ho chiesto quale fosse il momento in cui debba essere servito il sake se come aperitivo, durante il pasto o come digestivo. Anche qui, si delineano tre schieramenti tra quelli per cui il sake va bevuto a fine pasto come digestivo (34%) e quelli per cui va bevuto durante il pasto (47%). Per pochi si apre la possibilità di berlo come aperitivo (16%). E poi c’è una minoranza che ammette che lo berrebbe volentieri sempre prima durante e dopo i pasti (3%).
Nel complesso gli intervistati si sono dimostrati cittadini del mondo nei confronti di domande che suggerivano risposte multiple in cui erano presenti i classici fraintendimenti sul sake (è un distillato/grappa? un fermentato/vino? va bevuto caldo? va bevuto freddo?). In effetti, vince l’immagine per cui il sake è una bevanda senz’altro orientale che va, senza dubbio, bevuta calda dopo e durante il pasto ed è simile ad una grappa. E questo è l’immagine che è diffusa nella maggior parte delle nazioni evolute, per cui possiamo, a ragione, dirci cittadini del mondo. Sul versante delle domande aperte (che cos’è il sake? da quali ingredienti deriva?), è da segnalare, come risposta, minoritaria, ma abbastanza ricorrente, il the che si attesta al primo posto tra “le risposte che non mi sarei aspettato”. Così come per gli ingredienti, l’uva e le susine che sono state citate più di una volta. Quello che colpisce è che, anche grazie ai ristoratori di origine orientale, molti degli intervistati abbiano ammesso di aver provato il sake, anche senza sapere di che cosa si trattasse, dimostrando una certa inclinazione alla scoperta ed alla novità.
Ah dimenticavo prima di lasciare gli intervistati ripetevo loro, quasi come un mantra: “Ricordate il sake giapponese è un fermentato di riso che si può bere freddo, caldo o a temperatura ambiente… prima o durante il pasto, in solitaria o in compagnia.” Kanpai!