Le scorse serate passate in compagnia degli aficionados frequentatori del ristorante giapponese IYo IYo hanno rappresentato l’ultima tappa di un giro di degustazioni che mi ha portato “sul campo” per condividere impressioni ed esperienze legate al sake giapponese in territorio fiorentino. Provare il vero sake giapponese in un luogo come lo IYoIYo se non è come stare in Giappone, poco ci manca.
Fin dalla prima volta non si può non condividere le affinità che questo luogo suscita rispetto all’archetipo del ristorante giapponese. Ovvero un piccolo spazio ricco di umanità diverse che la cucina, rigorosamente a vista, accomuna. Ai tavoli puoi trovare l’enologo del Chianti ed il giornalista in enogastronomia specializzato, lo studente in economia ed il professore di lingue, l’attore famoso nel cinema e la protagonista della piece della Pergola , le amiche che sono state insieme in Giappone e le colleghe che non hanno mai mangiato il giapponese. Il cuoco giapponese – e questo non è scontato di questi tempi…- con ritmo e senza fermarsi, prepara sushi, sashimi e makizushi seguendo le preferenze dei suoi clienti.
Insomma, IYo IYo ospita ogni sera dai semplici curiosi di assaporare per la prima volta la cucina giapponese a chi quella cucina la conosce bene e vuole ritrovare una certa genuina atmosfera nipponica. E’ chiaro che stando così le cose, quando mi è stata offerta la possibilità di promuovere il sake giapponese tra i tavoli dell’IYo IYo non ho potuto che apprezzare. Ho portato con me il Sandaichi (si pronuncia san-da-ici con la “c” morbida di “ci vediamo”…) della cantina Okamura della prefettura di Hyogo. Lo abbiamo provato sia a temperatura ambiente che fresco (5°C).
Ammetto che il Junmai Sandaichi ben si presta per avvicinarsi al gusto del sake artigianale rappresentandone il sapore più verace. E proprio per questo nell’accostamento con il sushi ed il sashimi dell’ IYo IYo potrebbe risultare un po’ troppo, come dire, esigente. Eppure per spiegare con un semplice e piccolo assaggio che cosa sia il sake artigianale e l’origine del sake giapponese, il Sandaichi offre buoni spunti di riflessione anche ai neofiti della bevanda di riso. A ciò si aggiunga che al momento della degustazione gli ospiti erano già intenti a bere vino o birra e si può ben comprendere la scelta di un sake che sul gusto porta al cereale, al miele e ad un certo sentore di alcoli piuttosto che alle velate delicatezze fruttate che alcuni sake hanno in sé. L’importante è che il sake sia il risultato di un processo naturale e guidato dall’esperienza.
Gli scatti sono opera della paziente osservazione del fotografo Marco Triarico.