Il Grande Tempio di Matsunoo di Kyoto.

Tempio di Matsunoo, Kyoto.

Tempio di Matsunoo, Kyoto.

Il Grande Tempio shintoista di Matsunoo, familiarmente conosciuto come Matsuo taisha, rappresenta un punto di riferimento per i coltivatori di riso ed i produttori di nihonshu che qui si recano ogni anno per rendere omaggio alla divinità del luogo. Gli uni e gli altri pregano affinché il loro lavoro quotidiano e la stagione portino i frutti sperati ovvero che il riso prima ed il nihonshu dopo siano di buona qualità. E, quindi, non è un caso, ma un segno significativo, che in tutte le cantine sia sempre presente un Kamidana, un piccolo tempio, che raccoglie le preghiere dei lavoratori e rappresenta un ponte spirituale con i templi in cui ci si reca in pellegrinaggio prima, durante e dopo la stagione. La visita al Tempio di Matsuo taisha è un’esperienza ricorrente da cui un buon produttore di nihonshu non si può esimere, per nessuna ragione al mondo.

Kamidana. Piccolo Tempio.

Kamidana. Piccolo Tempio.

Così come l’acqua è la chiave per un buon sake, la sorgente, che sgorga dalla montagna che sovrasta il tempio di Matsuo-san, è la chiave per entrare in contatto con la divinità e per comprendere la storia del tempio stesso. Si dice, infatti, che l’acqua della sorgente sia un’acqua dai molteplici effetti benefici per la salute e, nell’ottica shintoista, di buon auspicio per la vita di chi, qui, si reca in pellegrinaggio.

Sorgente di Matsuo san

Sorgente di Matsuo taisha.

Il tempio è posto ai piedi della montagna nella zona ovest di Kyoto immerso ancor oggi nell’integrità del bosco secolare,  trova nella tartruga e nelle carpe i suoi simboli identificativi e che sono un chiaro richiamo alla vitalità del vicino fiume Katsura gawa.

La tartaruga e le carpe.

La tartaruga e le carpe.

Fondato intorno al 701, il Tempio di Matsuo san deve la sua costruzione alla volontà del clan degli Hata che qui risiedettero e da qui cominciarono a gestire il territorio e ad organizzarne lo sviluppo urbanistico nonché il governo locale. Nel periodo Muromachi (1336-1573), poi, Kyoto si trovò al centro della vita politica imperiale ed era fulcro di fiorenti commerci tra cui la vendita di tessuti, generi alimentari e nihonshu. Il sake proveniente da questa zona divenne famoso per la sua qualità, tanto che si presumeva benedetto e protetto dalla divinità residente nel tempio di Matsuo-san. Via via nei secoli, questo sake benedetto si fece conoscere anche in zone particolarmente distanti da Kyoto, come, ad esempio, Tokyo dove era apprezzato perché, nonostante il lungo viaggio intrapreso, riusciva ad arrivare inalterato nelle sue qualità. Tra storia e leggenda, si narra che proprio in questa zona si cominciò ad adottare quegli accorgimenti che ancora oggi vengono usati per salvaguardare il sake sia nel momento della produzione sia sopratutto nello stoccaggio e trasporto. Già in quel periodo, infatti, si cominciò a produrre il sake nei mesi invernali perchè permetteva di poter controllare con più precisione le vari fasi di lavorazione delle materie prime e della fermentazione, oltre a preservare il sake da contaminazioni provenienti da eccessive cariche batteriche naturalmente presenti nell’ambiente. Così come sembrerebbe che proprio da questa zona abbia avuto origine quella tecnica, simile alla pastorizzazione, creata per interrompere la fermentazione e meglio conservare il sake in deposito senza che perdesse le sue qualità originarie. La storia del tempio risulta dunque interessante perché riporta a tre passaggi fondamentali della storia del sake: l’importanza dell’acqua sorgiva e del riso che costituiscono ancora oggi gli elementi e la scelta essenziale per la riuscita di un buon sake giapponese; la lavorazione nei mesi invernali e la pastorizzazione per mantenerne inalterate le proprietà del nihonshu sia durante la produzione che nello stoccaggio. E, the last but not the least, il sempre presente collegamento con il divino da cui il nihonshu riceve continua, ora et semper, benedizione (prima, durante e… dopo la fermentazione!)!

Botti di nihonshu omaggio delle cantine al Tempio.

Botti di nihonshu omaggio delle cantine al Tempio.

Da Osaka: arrivare a Umeda per prendere la Umeda Hankyu Line e scendere a Katsura. da Katsura prendere la Hankyu Arashiyama Line fino a Matsuo Eki. La piccola stazione si trova davanti al tempio. Da Osaka ci vogliono 40 minuti circa. Qui un video del Tempio. Qui il sito ufficiale.

 

 

Giappone 2005. Cantina di Sake giapponese. Sakagura.

 

Okamura Honten

Okamura Honten

Quando si dice i casi della vita. Nel 2005 il mio primo viaggio in Giappone mi portò a girare per le più importanti città del Sol Levante, ma anche per le bellissime campagne e le coste oceaniche. In quel momento non sapevo quante volte sarei stato in grado di tornare, ma sapevo che non avevo ancora una idea precisa su come e su dove fosse prodotto il sake giapponese: ero quindi intenzionato ad approfondire. Come dire.. cercavo solo di non farmi mancare niente di indispensabile. Così la mia richiesta di andare a visitare una cantina tradizionale sebbene apparisse un po’ fuori dai canoni fu raccolta ed esaudita. Un cugino giapponese che abita a Shiga ci accolse a braccia aperte e, dopo una breve sosta ristoratrice, ci portò a visitare la mia prima cantina. Il luogo scelto era una cantina non molto vecchia – si fa per dire!- , aperta intorno al 1860 da un trisavolo del signor titolare che ci stava aspettando per condurci, lui personalmente, a fare la tanto desiderata visita. La struttura dall’esterno appariva dipinto di bianco sopra e nero vicino al terreno, un edificio in legno con le classiche linee giapponesi compreso il tetto grigio scuro a spiovente. Quando fummo dentro la prima cosa che mi colpì furono gli odori dolciastri di fermentazioni passate, la temperatura caldo umida e la luce soffusa dei pochi neon presenti nelle varie sale. Insomma, a me che provengo dalle terre del Chianti classico, la mente mi riportò in un baleno alle cantine toscane. Ed infatti, anche se qui c’era il legno alle pareti al posto dei mattoni e delle pietre, le poche luci al neon al posto delle gialle lampadine ad incandescenza, il tempio shinto al posto del Gallo nero e delle sposine, era l’atmosfera storicizzata che faceva nascere inevitabili parallelismi. Ci fu mostrato quindi come il riso viene lavato e molato, messo a riposo, di nuovo lavato, ammollato in acqua, cotto a vapore, disteso e diviso in due parti una parte per il koji e l’altra per la fase successiva, rimesso insieme, ammuffato e lievitato, aggiunto di acqua sorgiva, collocato a fermentare in grosse cisterne, insacchettato, pressato, filtrato, pastorizzato, imbottigliato et…. voilà signori e signore: il sake è servito. Ok ammetto che il procedimento è un poco più lungo e preciso..ma giusto per rendere l’idea e dare un ritmo… Comunque, sebbene l’ospitalità della cantina prevedesse la degustazione finale dei vari sake prodotti, non credo che avessero previsto che io gli chiedessi anche qualcos’altro…. Sapevo che cosa fosse il mosto, lo avevo visto e toccato con mano, ma non avevo mai visto la mistura primordiale che porta al sake: volli salire sullo scaleo per ispezionare le cisterne dove stava il riso in ammollo a fermentare. Sembra una specie di enorme risolatte . La seconda richiesta sorse spontanea: durante la visita, mi fu presentata la pressa antica che da tempo immemore veniva utilizzata per spremere i sacchi di cotone pieni di riso fermentato (moromi) e farne uscire il primo sake: bè basta guardare la foto qua sotto, non mi sono fatto mancare l’assaggio di questo sake che pur non avendo ancora finito il suo viaggio, si lasciava bere…

Kamidama.

Kamidana.

Cisterne

Cisterne

Pressa

Pressa – Fune

Sake - arabashiri

Sake – arabashiri

Sakura

 

 

 

Tachinomiya

Okaasan

Okaasan

Ogni volta che vado ad Osaka, cerco di trovare da una parte dei luoghi nuovi in cui provare sempre esperienze diverse, ma dall’altra parte cerco di crearmi dei luoghi in cui possa stare tranquillamente in pace come se fossi a Firenze. Diciamolo in modo chiaro ed inequivocabile: Osaka oramai è la mia seconda città. Ma io sono italiano, anzi toscano e quindi in me vive uno strano mix di cultura, tradizione e sincero sentimento popolare…e quindi, seguitemi… Ammetto che la prima volta che sono stato in Giappone giravo a naso all’in sù e a bocca aperta volutamente meravigliato di quello che vedevo. Ero già stato all’estero, ma mai verso oriente. Poi, piano piano a partire dal secondo viaggio ho cominciato a riconoscere i luoghi e a fare delle distinzioni e  a segnare delle preferenze. Tra queste di sicuro c’è un posticino che ad Osaka – non so se sia famoso – ma quando sono solo mi piace frequentare. Lo vedete nelle foto.  Ci vado quando ho bisogno di “staccare”. Cioè un po’ come fanno i salarymen che poi ritrovo lì a bere con me. Solo che loro staccano dal lavoro ed io…mah, non so, comunque mi prendo il mio relax time e sto lì a bere il mio sake Futsu-shu e a guardare il Sumo alla tv. Il Sumo mi è sempre piaciuto nella sua ritualità e dimensione. Dà un certo ritmo anche se guardato alla televisione. Tutto intorno nel locale solo giapponesi e me. Oramai riconosco okaasan, il figlio e la zia, anche se a dire la verità non sono sicuro del grado di parentela…tutti sono molto attenti a quello che succede e veloci nell’esaudire i desideri dei clienti. Un posto che mi ricorda alcuni localini che qui in Italia ho ritrovato su al nord, forse simile a quelli dove a Venezia si fa l’aperitivo (le ombre) o simile anche a certi vinaini di Firenze. Luoghi dove si va dopo il lavoro per incontrare i soliti con cui scambiare due parole, mangiare qualcosa al volo e bere quel tanto che basta per riflettere sulla giornata di lavoro appena passata. Ed io me ne sto lì ad osservare il sumo, okaasan, il figliolo ed i clienti con i quali poi si fa due chiacchere e l’ultimo kanpai prima di rimettersi in strada verso casa con la mitica metropolitana da Osaka station.

Tachinomiya

Tachinomiya

Osaka Station

Osaka Station . Il ritorno.

Nikko

 

 

Nikko. Particolare.

Nikko. Particolare.

 

Uno tra i luoghi più interessanti del Giappone si trova a circa un’ora e mezzo da Tokyo, verso nord. Immerso nel verde si trova Nikko. Insisto sul fatto che è immerso nel verde perché la prima volta che ci sono stato, avevo passato quasi due settimane immerso nel ritmo quotidiano delle metropoli giapponesi diviso tra Tokyo ed Osaka. Ero letteralmente “affollato” nell senso che ero affogato nel mare di folla che ogni giorno popola le metropoli. Quindi un luogo di tranquillità era un buon rimedio. Avevo bisogno di ricaricare e Nikko serve a questo scopo. Templi, Natura e Storia che vuoi di più? Il cavallo bianco ed una serie di simpatici ed energici cacciatori di spiriti maligni (vedi nelle foto). Mi sono sempre piaciuti gli spiriti di Guardia che sono pronti a cacciare via gli spiriti cattivi. Dopo sono tornato ad Osaka più tranquillo. L’unica cosa che non posso farvi sentire è il verso del Drago che si può sentire in uno dei templi (non scherzo). Nelle foto di sopra vedete i due leoni santi. Se non ricordo male uno dice “Ah” e l’altro gli risponde “Uhmm” e rappresentano l’alfa e l’omega dell’universo..quindi attenti e portate rispetto..così come bisogna avere un certo rispetto delle due statue qui sotto che sono poste all’ingresso del Tempio per respingere le negatività del mondo da questo luogo sacro, Nikko appunto.

Nikko. Guardiani.

Nikko. Guardiani.

Nikko. Vero Cavallo Bianco.

Nikko. Vero Cavallo Bianco.