LE DUE ANIME DEL SAKE.

Ogni anno nelle 1168 cantine, diffuse a macchia d’olio nelle 47 prefetture in cui si suddivide il Giappone, si producono circa 400 mila kilolitri di sake tra sake ordinari o da tavola (64% della produzione) e Premium sake. Questi ultimi poi si suddividono a loro volta in otto categorie tra Junmai e Honjozo.  

Una varietà di sake ampia di gusti e di aromi che identificano un territorio, uno stile, una idea di sake o una sua interpretazione ad opera delle cantine locali. Più che parlare di “gusto del sake” tout court sarebbe più corretto parlare di gusti dei sake. 

E se per individuare una selezione esclusiva di sake può essere abbastanza intuitivo lasciandosi guidare dal prezzo – elevato – o dalle numerose fonti oramai disponibili – internet aiuta-, potrebbe non essere altrettanto semplice se volessimo individuare un sake nella sua veste agile, di bevuta da tutti i giorni. 

Se volessimo, cioè, oggi avvicinare una interpretazione più quotidiana del sake  ?

Come si conserva il sake.

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Quanto dura una bottiglia di sake?

Oramai questa sembra la domanda più ricorrente che mi viene posta durante i corsi di formazione sul sake sia dai comuni consumatori che dai ristoratori.

Questa domanda di solito sottointende un delitto che dura da tempo, malcelato e di cui si e’ appena preso consapevolezza: quello di aver lasciata, dimenticata chissà da quanto, una bottiglia – regalata da qualche conoscente e nella maggior parte dei casi molto pregiata e costosa – in un angolo della cucina o del salotto, così come soprammobile accanto al tv o nella vetrinetta.

Diciamolo subito il sake, come qualsiasi fermentato alcolico, offre un certo margine d’azione purchè, ad un certo punto, si accetti l’idea di una sua evoluzione.  Nella situazione ottimale, non plus ultra, il sake andrebbe mantenuto al freddo (5°C) in frigorifero, e al buio, meglio se nella sua scatola o avvolto in un giornale. In queste condizioni controllate, la bottiglia di sake può aspirare a conservarsi per un periodo tra i dodici ed i diciotto mesi rispetto alla data di imbottigliamento riportata sull’etichetta della bottiglia. Questo in linea di massima. Eppure con una certa gradevole evoluzione nel gusto del sake. Chiaro che poi bisogna valutare di volta in volta, ogni tipo specifico di sake, il metodo di produzione e la sua evoluzione fuori dalla cantina (leggi: come è stato importato e mantenuto durante il viaggio e in magazzino). Il sake  pastorizzato, che rappresenta la maggior parte (99%) del sake in circolazione in Italia, ad esempio, offre una più agile conservazione, anche fuori dal frigorifero purchè a temperatura fresca e costante (in una cantinetta, per intenderci, va benissimo), ed in questo non si distanzia molto dal vino. Certo più cura e attenzione vi si dedica, miglior risultato si ottiene.

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Akitora Junmai e Junmai Ginjo

The last but not the least la bottiglia di sake non ha bisogno di microssigenazione e del contatto con il tappo,  va mantenuta in verticale. Quindi in verticale, al buio e al freddo e ..bevuta, non conservata come un cimelio od un soprammobile raro. Oggi buoni sake si possono acquistare anche in Italia e anche a Firenze, non c’è bisogno di aspettare il prossimo viaggio in Giappone.

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E invece quanto dura una bottiglia una volta aperta? Anche qui il margine varia sensibilmente a seconda del tipo di sake. In modo simile a quanto accade ad una bottiglia di vino, il sake comincia a respirare e quindi lentamente a mutare a contatto con l’aria. La risposta didattica riporta ad un periodo di due settimane. Ed è in effetti la risposta onnicomprensiva purché mantenuto in frigorifero e, possibilmente, al buio. Il sake, comunque, anche oltre questo periodo non va a male, solo che risulterà via via scomposto,  sbilanciato o allentato nei suoi aromi e gusti: insomma un sake dimentico delle sue origini.

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Hakuryu Jnumai Daiginjo, Junmai e Tokubetsu Junmai

A onor del vero, entrambe le domande di cui sopra alludono ad una difficoltà che va risolta in via pregiudiziale: come si può gestire quella bottiglia di sake che ho in casa? Bè, la risposta è duplice se vista dal consumatore neofita o da chi opera nel settore della ristorazione

Dal punto di vista del neofita, la preoccupazione su quanto possa durare una bottiglia di sake sottointende al fatto che il sake venga relegato o al fine pasto o ad una portata singola con l’alta probabilità che più della metà della bottiglia rimanga a futura memoria o finisca – che peccato! – come soprammobile. Ed invece, su una proposta di sake potremo costruirci un’architettura che abbia come fondamenta l’aperitivo e come architrave la pasta o un primo di stagione fino sù alla carne o pesce con verdure, per arrivare alla frutta! Il sake a tavola crea armonia ed una situazione sorprendente per gli astanti che, se abbiamo fatto bene le nostre ricerche negli abbinamenti carne/pesce/formaggi, saranno ben lieti di non far vedere l’alba al sake prescelto. Con buona pace e soddisfazione di tutti i presenti, sake incluso.

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Se, invece, la domanda su quanto si mantiene il sake è sollevata dai ristoratori, forse sarebbe il caso di fare un passo indietro e parlare di formazione del personale.

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Che il sake in sala vada proposto e vada suggerito e consigliato, è cosa scontata. Su come vada proposto, suggerito e consigliato non è tanto scontato in quanto prevede una conoscenza che spesso è ancora carente o latente. Peccato. E’ innegabile che attraverso una adeguata proposta del sake nel menu il ristorante guadagna terreno in fatto di stile e suggestioni oltre a riprendere le redini della propria autonomia e creatività. In Italia, negli ultimi anni, abbiamo assistito ad una sempre maggiore diffusione di competenze sul vino, una volta relegate solo agli addetti, ad opera di associazioni di settore che hanno promosso questa formazione ricevendone un buon feedback da utenti che decenni prima mai si sarebbero avvicinati al vino da questo punto di vista “attivo”. Quante volte al ristorante si presentano clienti che già conoscono le peculiarità del vino proposto nel menu? E allora perché non tentare di uscire dalla comfort zone del vino e non proporre un’offerta di sake nel modo giusto ovvero come esperienza alternativa e originale per i clienti abituali o come esperienza di ampio respiro per i nuovi clienti ? E’ chiaro che una qualche obiezione potrebbe essere sollevata dai clienti a meno che l’operatore di sala non mostri – uscendo appunto dal suo seminato – una sua competenza e suggerisca un senso di novità e scoperta nei confronti del sake. A livello di comunicazione si direbbe che l’operatore dovrebbe essere in grado cioè di gestire la facile obiezione relativa alla proposta originale del sake al posto del vino. Eppure questa sarebbe la scelta vincente. Vincerebbe cioè in questa visione un principio di affidamento da parte del cliente nei confronti dell’operatore di sala. Affidamento in cui dovrebbe entrare in gioco una professionalità dell’operatore di sala che, unico competente sul sake, tornerebbe così ad essere protagonista e guida, costruendo quella relazione umana che precede ed è humus essenziale per creare un’atmosfera positiva intorno al cibo oltre che una esperienza unica, professionale e originale nella memoria dei propri ospiti.

Il sake potrebbe rappresentare un’opportunità di autentico contatto e comunicazione tra l’operatore di sala ed il suo ospite, ma anche un momento di vera scoperta per quest’ultimo. Attraverso il sake si porta in tavola l’estremo oriente, la storia globale, i ricordi di un viaggio, le suggestioni di umami e le tradizioni locali. Attraverso il sake si valorizzano le materie prime italiane che ben si abbinano con questo fermentato. Attraverso il sake, infine, si potrebbe fondare un rapporto umano ed un buon ricordo che è importante creare intorno all’esperienza che si vive nei ristoranti. Il sake può ben aspirare ad essere un buon alleato di chi opera in sala laddove supportato dalla voglia di sorprendere e di voler comunicare oltre che dalla  curiosità di acquisire una competenza  nuova in uno dei corsi oggi disponibili anche in Italia. WSET docet.

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Vi presento la cantina Kazuma.

Lasciate che vi racconti una storia di vita che vi farà assumere una visione più ampia del sake giapponese. Dal 1890 la cantina Kazuma produce sake nella prefettura di Ishikawa nell’antico villaggio di Noto costruito in un piccolo golfo sul ricco e pescoso Mar del Giappone. Da secoli la cittadina di Noto con i suoi attuali sedicimila abitanti basa la sua economia sulla pesca e ricorda un borgo marinaro come ne esistono anche in Italia, in Liguria piuttosto che in Sicilia. Nel centro del golfo proprio dietro all’edificio del municipio di Noto, si trova la cantina in parte ricostruita negli anni ‘60…

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SAKE IN GOCCE: Nuova sezione sul sito.

Tomikichiro Tokuriki

Pensando di fare cosa gradita e utile…..

Da oggi ho attivato una nuova sezione sul sito per darvi consigli utili e pratici sul sake giapponese. Ti hanno regalato una bottiglia di sake e vuoi sapere come degustarla? Quando aprirla? E come conservarla? La sezione il “Sake in gocce” sarà dedicata ai primi passi nel mondo del sake e ai curiosi e  agli amatori che vorranno avvicinarsi a questo incredibile fermentato giapponese. Nel sito manterrò anche articoli per chi vuol approfondire la Storia, i metodi di produzione e gli stili del sake. Ebbene partiamo da qui e poi via via percorreremo insieme la via del sake. Se avete domande inviatele alla  mail: info@firenzesake.com. Vedrò di rispondervi in tempi brevi oppure vi darò la risposta sul sito.

Grazie davvero per la vostra continua attenzione e …Kanpai!!

 

E’ bene sapere che…

Come e dove conservare la vostra bottiglia di sake per  mantenerne intatta la qualità.

Se osserverete queste cinque semplici regole di comportamento, preserverete più a lungo la qualità del vostro sake.

  1. Conservate il sake al riparo dai raggi del sole e della luce artificiale diretta. Meglio se conservate al buio il sake. § Consiglio: Lasciatelo nella scatola con cui lo avete acquistato oppure procuratevi una scatola da vino che potrete riutilizzare. §§ Consiglio pratico: In mancanza può essere più semplice avvolgere la bottiglia nella carta.
  2. Conservate la bottiglia “in piedi”, in posizione verticale.
  3. Continua…

Tomikichiro Tokuriki

Vi racconto una storia: Wakabayashi Brewery la forza del Destino.

La Wakabayashi Brewery si trova poco distante dalla cittadina di Ueda nella prefettura di Nagano. Nella piccola cantina Wakabayashi una giovane coppia, marito e moglie, da sempre condividono un sogno.

La Wakabayashi, è una tipica cantina familiare che vanta una antica tradizione e la cui sopravvivenza è legata a doppio nodo al passaggio “di padre in figlio”, anzi “di padre in figlia”. Fondata nel 1896, la Wakabayashi ha prodotto sake ininterrottamente fino al 1969 quando la famiglia, che da il nome alla cantina, decise di continuare solo la distribuzione dei loro sake e di affidarne ad altri la produzione. Nel 2017 la giovane figlia del proprietario…..

continua…

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Il bello della settimana.

Sake su Instagram.

Nuova settimana, nuovi appuntamenti sotto il segno del Sake. Qui sotto vi segnaliamo in rapida successione i momenti di approfondimento sul sake giapponese che sono programmati per questa settimana. Sono una selezione che vi consigliamo per condividere le esperienze raccontate da professionisti del mondo del sake che avremo modo di conoscere nelle dirette su diversi canali di instagram.

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Appuntamenti della settimana: Sake su Instagram e Zoom.

Sembra proprio che la settimana che sta arrivando sarà densa di appuntamenti dedicati sia a chi voglia avvicinarsi per la prima volta al sake giapponese sia per chi voglia approfondire alcuni argomenti specifici in modo professionale.

Il sake non si ferma anzi dilaga su Instagram e Zoom dove potrete assistere alle dirette in modo completamente gratuito e, sopratutto, potrete fare domande e risolvere dubbi sul nihonshu.

Seguendo un rigoroso ordine cronologico vi segnalo qui sotto i migliori appuntamenti assolutamente da non perdere. Tutti molto consigliati. Attenzione che in alcuni casi è necessario iscriversi.

LUNEDI’ 27 APRILE, ore 2,00 am.

Appuntamento per rimanere aggiornati sul mondo del sake.

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 LUNEDI’ 27 APRILE, ore 15,00.

Per conoscere il sake partendo dagli ingredienti.

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Primo appuntamento dedicato al sake giapponese, il nihonshu. Parleremo dell’ingrediente principale del sake: il Riso. Quale riso è migliore? Quale tipologie di riso si usano per produrre il sake? Che cosa cambia tra un riso e l’altro?

Vi aspettiamo. Adatto per amatori e  professionisti.

MERCOLEDI’ 29 APRILE, ore 19:00.

Appuntamento dedicato alla Storia del sake

Webinar by Natsuki Kikuya

Per iscriversi qui.

SABATO 2 MAGGIO, ore 15,00.

Dedicato a chi piace il sake, gli aperitivi, il dolce vivere…

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Il sake in miscelazione nei cocktails ha trovato una nuova e originale strada e a Firenze alcuni famosi bartenders sono dal 2015 i precursori nell’interpretare la tradizione di questo millenario fermentato giapponese.

Dopo un primo appuntamento in cui abbiamo incontrato Daniele Cancellara Head Bartender del Rasputin, ne parleremo SABATO 2 MAGGIO con Sacha Mecocci, Head Bartender presso The Fusion Bar& Restaurant, che ci suggerirà anche come creare un brillante sake cocktail  a casa nostra.

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Sake giapponese. Un metodo facile per conoscere il sake giapponese.

Bottiglie sake

Partiamo da un dato. Il sake giapponese sta attirando sempre di più l’attenzione di  nuovi fan, curiosi alle prime armi. Un consiglio: per conoscere il sake meglio sarebbe procedere con dei tasting mirati in modo da costruirsi un percorso di avvicinamento alla comprensione di cosa sia il sake per noi stessi. Sul campo e non solo studiando sui libri. La prova empirica vince sempre. E poi, diciamolo francamente, almeno in questo caso è più piacevole e dona un certo tono se fatta con metodo. Il metodo appunto rappresenta il punto di partenza imprenscindibile.

E allora? da dove cominciare? Se io non ne so nulla e ho una semplice curiosità come realizzare un percorso di avvicinamento? E’ facile.

Innanzitutto una premessa necessaria. Il sake è composto da pochi, semplici ingredienti: acqua, riso cotto a vapore, il riso koji e lieviti. Solo questi? In alcuni sake viene aggiunta anche una piccola quantità di alcol distillato per aumentarne gli aromi, non la gradazione alcolica. Questi ingredienti concorrono, insieme alle differenti tecniche di produzione, alla creazione di sake diversi. Il Sake non ha un gusto unico, ci sono tanti gusti del sake.

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 “Conosci te stesso” e troverai il tuo sake.

Per avvicinarsi al sake occorre innanzitutto conoscere…se stessi. Socrate docet. Bisogna cioè porsi una domanda: mi piace più bere un vino, un cocktail secco e severo oppure un vino o un cocktail fruttato e fresco? Queste sono semplificazioni certo, utili solo per iniziare, per un primo appuntamento con il sake. Ma chi ben comincia…

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Vi piace un gusto asciutto e secco che riporti ad alcune sincere note alcoliche e arsure estive, veraci sapidità o ricordi di cereali? I Junmai o Honjozo potrebbero strizzarvi l’occhiolino. Sono loro che portano avanti le complessità di petto e senza troppi fronzoli. I Junmai e gli Honjozo sono le spezie prelibate, il pepe nero, per chi vuole affrontare il sake accendendo il ritmo rock e vibrante, senza passare dal via. Il Junmai e l’Honjozo sono i pezzi neri sulla scacchiera. Oggi ci sono molte varianti all’interno di queste due tribù, tanto che ogni produttore propone la sua personale interpretazione. Ogni Junmai  o Honjozo è diverso dall’altro e possono esprimere molti lati oscuri. Per quanto riguarda la modalità di servizio sono abbastanza ribelli in quanto offrono la possibilità di essere serviti freschi, a temperatura ambiente o caldi. Sulle specifiche temperature vi consiglio di leggere l’etichetta posta sul retro, che, se fatta bene, dovrebbe potervi aiutare.

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Se invece, preferite delicati e raffinati sapori fruttati che potrebbero ricordarvi accenni a fiori bianchi di gelsomino o camomilla, leggere note di banana o litchi o melone, ecco comparire all’orizzonte i Junmai Ginjo ed i Junmai Daiginjo o – se siete alla ricerca di più aromi – i Ginjo ed i Daiginjo, senza la parola Junmai. Fresche brezze mattutine estive, suono bianco delle onde del mare sulla battigia in spiaggia, i Junmai Ginjo e Daiginjo ricordano le vacanze estive o gli appuntamenti con stile. I Junmai Ginjo e Daiginjo sono gli Elfi nel Libro degli anelli. Eleganti e palpitanti allo stesso tempo sono interessanti per la loro versatilità, aprono le danze all’aperitivo e si servono freddi, mai caldi anche se poi armonizzano l’ambiente con un ritmo a volte classico a volte pop a volte brasiliano da saudade. Anche qui i produttori offrono molte varianti di tonalità di gusti e converrebbe provarne almeno due per categoria prima di passare al lato oscuro del sake.

Bottiglie sake

Junmai Ginjo e Daiginjo

 

Le categorie di sake a cui abbiamo fatto riferimento non prevedono l’aggiunta di altri ingredienti. Quindi “solo” acqua, riso,riso koji e lieviti. Non ci sono additivi, aggiunta di frutti o altri edulcoranti o conservanti. Solo acqua, riso, riso koji e lieviti. Questo appena delineato è un approccio semplice e alla portata di tutti, senza dover essere tecnici, ma solo curiosi, che poi ad appassionarsi è un attimo! E affezionarsi ad uno stile, è l’attimo dopo!

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Legenda:

Categoria secchi:

Junmai

Tokubetsu Junmai

Honjozo

Tokubetsu Honjozo

Categoria Fruttati:

Junmai Ginjo

Junmai Daiginjo

Ginjo

Daiginjo

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Il Mediterraneo ed il Culto del Sake: intervista a Giovanni Baldini. (G. Cataldo, Mediterraneaonline.eu)

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Sembra proprio un’idea peregrina parlare di sake e di gastronomia giapponese nella patria del vino e della Dieta Mediterranea, eppure non tutti sanno che il primo a paragonare i benefici della Cucina del Sol Levante ai nostri costumi alimentari fu proprio Ancel Keys: il padre del concetto della Dieta Mediterranea infatti incluse il Giappone tra i setti paesi in cui avviare lo studio epidemiologico al fine di scoprire la relazione tra cibo e malattie cardiovascolari; le conclusioni portarono Keys a stabilire che tanto nei paesi che si affacciano sul Mare Nostrum che in Giappone il prediligere maggiormente un consumo di pesce, verdure e cereali a quello di carne rossa e grassi di origine animale, preveniva l’insorgenza di infarti, ictus ed altre malattie dovute ad attitudini errate e ad un’alimentazione poco salutare. Inoltre è piacevole pensare che l’Italia ed il Giappone, Paesi e Culture così lontane tra loro, rientrino nelle stesse fasce di latitudine e siano due popoli che amano dare il benvenuto a tavola con grande senso di convivialità.

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Spesso, parlando di sake, ci si imbatte in luoghi comuni tanto diffusi quanto errati e ciò è dovuto al fatto che in molti ristoranti orientali nel nostro Paese ci viene dato un tipo di grappa cinese al suo posto a fine pasto, mentre in realtà il sake è un fermentato e non un distillato come spesso viene erroneamente riportato. Nella misura in cui tantissimi sono i vini italiani che si abbinano perfettamente alla cucina giapponese anche il sake, con un range alcolico mediamente compreso tra i 16 ed i 22°, riesce ad essere un ottimo compagno a tavola per le più svariate pietanze, tipiche della cucina italiana e della Dieta Mediterranea in generale, senza risultare invadente, ecco perché Mediterranea Online ha scelto di intervistare Giovanni Baldini, toscano di origine controllata e garantita, nonché fondatore di Firenze Sake e, più recentemente, della Scuola Italiana Sake.

Classe del ’72, nasce a Johannesburg da genitori impegnati nell’insegnamento presso la locale università; aretino da parte materna, la famiglia decise di spostarsi a Livorno per aprire un’attività di bar e tabacchi, poi evolutasi in alimentari e gastronomia, Giovanni è fiorentino dal ramo paterno. Suo padre, già professore universitario negli States, proviene da una famiglia della piccola aristocrazia fiorentina originaria del Chianti Rufina, trasferitasi nel capoluogo toscano… sarà infatti a Firenze che suo nonno paterno che, dopo aver venduto i tenimenti ed il castello a causa della 1^ guerra mondiale, conoscerà la sua sposa, non senza dover affrontare il duro colpo dell’alluvione del fiume Arno del ’66.

Prima di laurearsi in Giurisprudenza presso l’Università di Firenze,  per potersi pagare gli studi ed emanciparsi quindi dalla famiglia, Giovanni è stato reduce di tante piccole e grandi esperienze di lavoro: da garzone in gastronomia a commesso di un centro commerciale, da assistente fotografo ad impiegato presso uno degli studi legali più importanti di Firenze, per poi arrivare alle soglie del 2000 e dover rinunciare a proseguire l’attività presso lo studio fotografico a causa della crisi dovuta all’avvento del digitale e sentire che la carriera legale non sarebbe mai stata la sua strada nella vita; dopo una breve parentesi come bracciante agricolo impiegato durante una vendemmia nel chiantigiano, nel settembre del 2000 accettò la proposta di fare il commesso presso un’importante catena di elettrodomestici, ruolo che ricoprì con il solito impegno che lo contraddistingue nel fare le cose, esperendo dunque nel mondo del marketing per diventare dapprima caporeparto, poi vicedirettore ed infine direttore alle vendite, nonché responsabile del personale. Sono gli anni in cui Giovanni raccoglie un bagaglio di esperienze trasversali dal punto di vista sia professionale che umano, anni in cui ricorda con affetto e stima tutti i colleghi che lo hanno aiutato a conseguire dei risultati ed il periodo in cui conoscerà una ragazza giapponese, sua futura sposa.

Dal 2004, grazie a sua moglie, iniziano i viaggi e l’avvicinamento alla cultura del Giappone, viaggi che appagheranno il desiderio di internazionalità insito in Giovanni per vocazione di nascita, ma che lo rendono sempre più curioso rispetto al culto del sake… una curiosità sempre crescente che diventerà una vera e propria passione tanto che nel 2014 Giovanni decide di invertire rotta ed investire tutto nel fermentato giapponese, avviandone l’importazione attraverso Firenze Sake.

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Nello stesso anno Giovanni Baldini diventa attivo nella divulgazione della cultura del sake, partecipando a diverse fiere e rassegne enogastronomiche oltre che ad organizzare eventi dedicati tanto al pubblico di appassionati che del settore; dopo un lungo percorso formativo fatto di studio, di viaggi e di pratica sul campo, nel 2017 ottiene l’abilitazione ad insegnare il corso di primo livello sulla conoscenza del sake per il Wine and    Spirit Education Trust di Londra; per la stessa WSET ha organizzato ben 4 corsi a Firenze, avendo tra i suoi studenti sommelier, addetti alla ristorazione, bartenders, responsabili di enoteca e food & beverage managers. Nel febbraio del 2018 e del 2019 è stato invitato dal governo giapponese in qualità di rappresentante per l’Italia ed esperto di importazioni del sake, concretizzando importanti legami istituzionali con enti quali il Ministero dell’Agricoltura ed il Japan External Trade Organization, diventando tra l’altro protagonista di intervista televisiva per NHK riguardo a tematiche importanti quali gli sviluppi economici in luogo dei nuovi accordi commerciali e doganali tra Unione Europea e Giappone e sul concreto supporto del governo del Sol Levante e dei produttori artigianali del sake.

Tra i libri che gli sono maggiormente piaciuti e lo rappresentano vi sono i manuale di diritto privato ed il manuale di diritto penale sui quali ha investito un anno di vita e che ancora ricorda a memoria, il Libro della Fotografia di Andreas Feininger, Maledetti Toscani di Curzio Malaparte, la Grammatica della Fantasia di Gianni Rodari e la selezione delle Novelle Italiane di Italo Calvino, tutti i libri di Raymond Queneau, alcuni testi di comunicazione e, naturalmente, un’infinità di libri sul sake. Dei libri Giovanni ama dire “non è il tempo di leggere che mi manca, ma quello di assaporare appieno i libri”, imponendosi come regola di non tenersi a casa più libri di quanti ne entrino nella sua piccola libreria e facendo ogni anno una vera e propria selezione.

Giovanni ama incondizionatamente la musica, innanzitutto quella classica da Beethoven a Chopin e da Verdi a Puccini, e poi la pop music, il country, il jazz, il rock inglese, la tecno house, incluso l’heavy metal, senza porsi alcun limite, esclamando contento “per fortuna che c’è la musica” ed ascoltando tutto il possibile; tra i suoi hobbies giovanili la passione per gli scacchi, la numismatica e la pesca in acqua dolce, poco praticata ma tanto studiata, e la predilezione per i giochi di squadra in generale in cui si è cimentato, senza sentirsi granché portato, ma affidandosi sempre al teamwork.

Giovanni è un umanista, riflessivo all’occorrenza, metodico e flessibile; dalla sua famiglia ha ereditato la passione per l’enogastronomia, il senso del bello, del buono e della giusta misura, nonché una distinzione ed un garbo di altri tempi, senza mai perdere la disponibilità genuina del “ragazzo della porta accanto” ed una naturale curiosità che lo porta ad affrontare con umiltà, passione, determinazione e consapevolezza il nuovo insito nelle cose che desidera imparare e nelle persone che la vita gli ha messo sul suo cammino, non a caso la frase che più lo rappresenta è un antico proverbio giapponese:

“il sake crea buoni legami tra le persone.”

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Da quando hai cominciato a provare attrazione verso la cultura giapponese… e l’amore per il sake è scattato allo stesso momento?

Correva l’anno 2004 quando atterrai per la prima volta all’aeroporto di Osaka. Fu il primo dei ventidue viaggi che fino ad oggi mi hanno fatto conoscere sul campo una cultura distante e complessa e di cui allora ero completamente all’oscuro per quanto incuriosito. Del Giappone nel 2004 conoscevo in effetti poco o niente. Il sake lo conobbi quasi per caso e me ne sono innamorato tanto da studiarlo sotto tutti gli aspetti fino a farne una professione ed un libro che sto finendo di scrivere. L’amore per il sake? Credo che sia nato spontaneo e dovuto al fatto che del sake ne ho conosciuto fin dal principio la dimensione nazional popolare, quel sentimento sincero e autentico che si ritrova in qualsiasi bevanda autoctona quando diventa elemento imprescindibile di una cultura e della storia di un paese, sia che si parli di sake sia che si parli di vino.

Cosa significa lavorare in una sakagura, quale atmosfera si respira coi colleghi?

Lavorare in una cantina di sake giapponese è un’esperienza che arricchisce a livello umano. Ricordo che quando arrivai la prima volta in cantina mi fu data l’uniforme, il cappellino, le calosce ed i guanti. Era alle sette di mattina ed era il mio primo giorno. Ero entusiasta e motivato. Non vedevo l’ora di iniziare a mettere le mani in pasta o a fare qualsiasi cosa. Era una cantina dove tre quarti delle operazioni venivano fatte ancora a mano e quindi mi immaginavo ci fosse molto da lavorare. Ero pronto. Alle sette e trenta del mattino, dopo la riunione del Toji, il quale assegnava i compiti a tutti, vidi che mentre gli altri sapevano che cosa fare io ero completamente spaesato. Forse avranno pensato che ero andato lì per guardarli lavorare e per fare qualche domanda, riflettei. Quindi vidi che gli altri lavoravano e io niente. Gli altri portavano i sacchi di riso da trenta chili per iniziare la produzione e io fermo. Gli altri bagnati fradici ammollavano il riso nell’acqua ed io asciutto. Preparavano il riso per la cottura a vapore e dopo lo distendevano bollente su delle stuoie per farlo raffreddare… e io a guardare. Dopo un’ora di questo tran tran, vidi che gli operai, via via che correvano da una parte all’altra della cantina per seguire la produzione, lasciavano gli strumenti di lavoro usati in un angolo della cantina vicino ad un’idropulitrice: mi rimboccai le mani e mi feci spiegare come potevo lavarli e cominciai. Quando videro che mi davo da fare, anche se il mio contributo, diciamocelo, era minimo, cambiarono atteggiamento e da quel giorno per due settimane non ebbi un momento di riposo se non la sera quando tornavo a casa. Lavorare in cantina significa lavorare in un gruppo di persone che dalla mattina presto fino alla sera procedono in sincrono: se tu ti fermi, io mi fermo, il processo rallenta e il sake può non riuscire bene. E’ una staffetta, non è una maratona in solitaria. E si corre, altroché se si corre!  

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Perché hai deciso di scommettere sul sake e come viene recepito in una delle terre più vocate per la qualità dei vini come la Toscana? 

Ho scelto il sake per passione prima e come professione dopo. Scommettere sul sake in Toscana è stata una conseguenza connaturale al mio motto: “quando il gioco si fa duro…” no, scherzo, è vero che in Toscana abbiamo una tradizione radicata nel produrre e nel bere il vino; mio nonno nel suo piccolo produceva vino sulle colline vicino ad Arezzo. In realtà fin dall’inizio ho pensato al fatto che i toscani potessero trovare interessante il sake per due ragioni: il pubblico toscano ha già dimostrato una buona confidenza nel bere di qualità; il sake, per la sua gradevole natura di fermentato e per le sue varietà, ben poteva accostarsi in abbinamento alle materie prime che abbiamo in Toscana. Mi preme sottolineare un aspetto: il sake – è dimostrato da esperienze oramai consolidate in tutto il mondo – non crea competizione con il vino che è e rimarrà sempre la bevanda per eccellenza. Il sake ha lo scopo di ampliare la scelta di chi mangia consapevolmente. Ho detto “chi mangia”? E’ sì perché il sake è una bevanda da abbinamento, così nasce e da lì bisogna partire. In quest’ottica consapevole e contemporanea, oggi mangio un piatto di pesce e posso decidere di accompagnarlo con un vino, bianco o rosso, oppure con un sake, fruttato piuttosto che secco. Libertà di scelta, non è bello? L’idea iniziale quindi era di proporre al pubblico toscano una selezione di sake di qualità che potesse rappresentare una alternativa allettante ed una novità piacevole per chi è già abituato a bere il vino e ha voglia di esplorare nuovi lidi: il sake per chi vuole aprirsi all’oltre. Alle degustazioni che tengo a Firenze mi diverte ancora oggi vedere la sorpresa disegnata sui volti di chi si avvicina per la prima volta al sake. Quei volti che sembrano dire: “Ma come questo è il sake? Ma come si beve freddo? E nei calici?”. Non dimentichiamoci che il sake in questo momento storico disegna una dinamica di relazione con le persone: si beve in compagnia. In questo senso mi sento di dire che il sake sta ritrovando qui il suo alveo naturale di bevanda nazional popolare o come dice un antico proverbio giapponese: “Il sake crea buoni legami tra le persone”.

Persone dalle quali ti sei sentito ispirato?

Ho girato mezza Italia per parlare di sake da Trieste a Salerno, come da Aosta a Roma ed ho sempre avuto la fortuna di incontrare persone che la ricchezza se la portano dentro e la loro generosità e professionalità è immensa. Ricordo con affetto Luca, il mio primo mentore nelle vendite, e Daniele, il direttore dal quale ho ricevuto molti insegnamenti tanto dal punto di vista professionale che umano, e tantissime persone che ho avuto il bene di incontrare lungo il mio cammino. Durante i miei innumerevoli viaggi ho potuto essere iniziato al sake da mio suocero, il quale ha di certo contribuito a farmi vivere il sake nella sua veste domestica e conviviale, dandomi la possibilità di assaggiarne numerose tipologie tutte le volte che tornavo a casa ad Osaka; il mio pensiero è rivolto ai tanti amici giapponesi che ogni volta mi presentavano qualche personaggio del mondo del fermentato giapponese… il mio caro amico Daisuke ad esempio mi regalò un libro per incitarmi a sviluppare le mie competenze e, per la stessa ragione, mi ha guidato alla degustazione dei sake più rari che io abbia mai assaggiato. Quindi devo molto agli amici, ai compagni di lavoro nelle sakagura e ai produttori che ho incontrato, ne cito due per tutti: il mitico Shingo Iwase della cantina Mikunihare di Toyama che ancor oggi, con la sua professionale modestia, riesce a rispondere a qualsiasi interrogativo sulla produzione di sake ed Il compianto presidente della casa di produzione Honda Shoten… era una persona autentica oltre che ad una onorevole eminenza nel mondo del sake; da lui in un solo giorno ho appreso molto sull’importanza delle persone e della terra, fattori determinanti per produrre il riso per il sake. Peccato Averlo perso. Veri e propri maestri di vita quindi non ne ho mai avuti, solo molti consiglieri amici. E in un certo senso, considero buoni consiglieri anche i nemici… e chi l’ha detto che le persone ostili non ti possano indicare una   strada da evitare in futuro?  Le persone che non sopporto sono le “spugne”, coloro che non rilasciano niente di quello che assorbono della ricchezza delle relazioni umane, quelle che pensano solo alle loro miopi opportunità e non condividono pensieri e progetti o che peggio non hanno chiaro quello che vogliono dalla vita. 

Concludo dicendo che tutto ciò che mi ispira in questo percorso oltre alle persone è frutto di una grandissima sinergia familiare: Miki, mia moglie, ha da sempre supportato ogni scelta che ho fatto ed è a lei che dedico tutto questo e quello che verrà. 

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ARIMITSU BREWERY – KOCHI

Su quale scelta si basa la selezione di sake che proponi?

Nella selezione dei sake che ho fatto si trovano “sake da mangiare”. La selezione si fonda, cioè, su un criterio legato agli abbinamenti possibili con le materie prime che noi in Italia – siamo fortunati! – abbiamo di ottima qualità. I sake che ho in selezione si abbinano molto bene con carne, pesce, verdure e formaggi freschi piuttosto che stagionati. Sake genuini ed eleganti, di facile beva in abbinamento con cibi genuini non per forza ricercati, ma anche casalinghi: un bel risotto con i funghi con un sake leggermente secco oppure un baccalà mantecato con un sake freddo leggermente fruttato. I sake che ho cercato in Giappone in giro per le cantine sono sake che si possono usare sia con ricette semplici che con cibi ricercati.

Oltre a questo ho preferito piccole cantine che non tradissero l’artigianalità in favore del profitto, la loro identità in favore dell’ambizione.

I miei produttori sono persone che da generazioni scelgono di produrre il sake rispettando la tradizione e promuovendo l’economia del territorio in un rapporto di sinergia con gli agricoltori locali. Solo per avere un’idea di quello che sto dicendo: la cantina più antica tra quelle che importo è stata fondata nel 1542 e ci lavorano in sei, mentre quella più giovane nel 1903 ne ha cinque impegnate nella produzione. Vi anticipo che la selezione è stata sempre intesa come una selezione “aperta”. Il progetto Firenzesake prevede di crescere insieme col progredire della conoscenza che il pubblico italiano farà del sake e si trovano fermentati come il junmai ginjo adatto anche ai neofiti, piuttosto che ad un pubblico già edotto e capace di apprezzare il junmai daiginjo, quanto per coloro che sono alla ricerca di qualcosa di non scontato come potrebbe esserlo il nostro genshu junmai. E’ come un percorso dove mano a mano che il pubblico italiano progredisce nella conoscenza del sake, noi cresceremo insieme con altre tipologie di sake. L’attività di scouting ovvero di ricerca sul campo non si è mai fermata ed è quella che mi tiene più impegnato nei miei viaggi. Beninteso che le novità in arrivo non andranno a sovrapporsi o a soppiantare la selezione fatta finora. Aggiungerò alcune strade nuove, alcuni sake che ancora era prematuro di inserire. Un anticipazione? Ho trovato uno sparkling sake ovvero un sake spumantizzato che ha una buona texture, aromaticità e finezza.

Ti andrebbe di confidarci qual è il sake che prediligi ed il cibo col quale ami berlo?

Il sake ha molti gusti ed esistono differenti tipi di sake che bisogna sapere abbinare. Un semplice principio che si può seguire all’inizio è quello di armonia e di equilibrio. E come temperatura di servizio: freddo 6/10°c. Un sake fruttato e morbido andrà con un cibo delicato e leggermente sapido; un sake secco e speziato, lo preferiremo con un cibo più complesso e aromatico. Detto questo, pur essendo da quattordici anni impegnato a conoscere il sake, non ho ancora finito di sperimentare gli abbinamenti possibili cibo/sake. Ho iniziato come tutti a casa con quello che avevo: una tartare di carne o un risotto gamberetti e limone con un junmai ginjo equilibrato; una frittura di pesce con un tokubetsu junmai, piuttosto che con una sua versione più secca; e poi da toscano non ho potuto fare a meno di un abbinamento sorprendente tra la bistecca fiorentina ed il Shichihonyari junmai un sake dai sentori fungini, di koji e cerealicoli tanto che pareva che la carne si sciogliesse in bocca a contatto con il sake.

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MIKUNIHARE BREWERY – TOYAMA

Ed il gusto italiano su che tipologia di sake è orientato? Come vedi il mercato italiano rispetto al consumo del fermentato giapponese? 

Se è vero come è vero che la sensibilità ai gusti si va affinando con il tempo e con l’esperienza di diverse tipologie di sake, ad oggi gli italiani non hanno ancora una idea così definita o definitiva del sake. E va bene così, visto che il sake sta crescendo di popolarità insieme con la curiosità degli italiani. In questo momento chi si avvicina al sake giapponese è importante che si ponga in una prospettiva di esplorazione e sia pronto a mettersi in gioco. La categoria che fino a qualche mese fa sembrava andare per la maggiore era il junmai, un sake magari più robusto e aromatico. Ora che i mesi estivi si affacciano, sembrano guadagnare terreno sake più delicati e fruttati. E questo di certo denota un andamento stagionale, ma che va vissuto come una tendenza di per sé non vincolante in quanto è il cibo e la compagnia che determina il consumo di sake in Italia. Nelle degustazioni che faccio in giro per l’Italia dove quando porto un sake bello carico e con un certo spessore, viene subito apprezzato dalla maggior parte. Peccato però che quando si debba decidere di acquistarne una bottiglia, se ne preferisca uno che magari sia più facile da abbinare quando sono a casa con gli amici. E’ anche seguendo questo ragionamento che ho costruito la mia selezione, sia per coloro che sono alle prime armi sia per tutti coloro che sono già ad uno step superiore: ho già assaggiato il sake, mi è piaciuto ed ora lo voglio provare a casa mia. Tra l’altro iscrivendosi alla newsletter del sito firenzesake.com spesso attiviamo delle promozioni che facilitano la scelta tra i sake.

Si direbbe che un professionista del beverage possa ampliare le sue conoscenze anche attraverso il sake…

Da un punto di vista professionale il sake rappresenta una grande opportunità sol che si pensi che i sommelier costituiscono già di per sé una realtà importante e significativa per l’esperienza che noi tutti facciamo nei ristoranti nel momento della scelta del vino. Oramai bisogna riconoscere si tratta di una figura importante e di un dato consolidato e diffuso nei migliori ristoranti. Ebbene cosa diresti se in un ristorante di già comprovata qualità, ci fosse anche un sommelier esperto che ti possa guidare anche nella scelta di sake che ti facciano provare esperienze sensoriali nuove ed esclusive?

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È recente la notizia dell’apertura della Scuola Italiana Sake da te fondata. In cosa consiste e come si differenzia da altri modelli didattici?

Firenze è la città dove in Italia si conta una fiorente comunità di residenti giapponesi che rendono vitale questa città coinvolgendola in attività di promozione della loro cultura e rivitalizzandone l’artigianato che è portato avanti anche da alcuni giovani giapponesi che si sono fatto carico di mestieri che i fiorentini hanno abbandonato. La Scuola Italiana Sake insiste su questo contesto e, anche se si occuperà in modo specifico di sake giapponese, lo vorrà fare con un respiro più ampio. Come ho detto all’inizio il sake giapponese è parte imprescindibile della cultura tradizionale giapponese e non solo di quella gastronomica. L’idea è quindi quella di creare un open space dove coniugare oltre allo studio specifico del sake giapponese anche quello di altri aspetti della cultura giapponese. La Scuola Italiana Sake dovrebbe iniziare – il condizionale è d’obbligo in questo periodo – la propria attività a settembre ed essere rivolta ora ad un pubblico amatoriale ora ad un pubblico professionista. La Scuola Italiana Sake vorrà essere una realtà diversa ed unica per l’offerta didattica in quanto prevediamo di organizzare workshop con una modalità concreta ed aperta a chi si vuole avvicinare al sake per passione e su un altro piano ben distinto vorremo soddisfare quella richiesta che proviene dai professionisti. In particolare la Scuola Italiana Sake sta prendendo accordi con l’associazione Washoku Kentei, già operativa a Bologna, che si occuperà di promuovere i propri corsi certificati sulla cucina tradizionale giapponese. Inoltre stiamo lavorando con le associazioni presenti sul territorio fiorentino per offrire loro l’opportunità di creare future sinergie. La Scuola Italiana Sake troverà forza proprio nelle sinergie che riuscirà a creare tra le persone.

E l’approccio didattico sarà rivoluzionario e al passo con i tempi…

Chiedi a: info@scuolaitalianasake.it

Sake: abbinamenti casalinghi. E’ facile.

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Che sia a una fiera, che sia a una presentazione o a una degustazione, la domanda sull’abbinamento sake/cibo è ricorrente: “Sì, ma una volta che l’ho acquistato, il sake con cosa va abbinato?” Partiamo con una certezza tanto per dare sicurezza. Il sake si abbina con la cucina giapponese. Niente di più facile, fin qui tutto bene. Eppure questa risposta per quanto assiomatica, se la si guarda in un’ottica di apertura globale e con una aspirazione ad essere “liberi di scegliere”, risulta quasi scomodamente dogmatica. Vi ricordate quando si diceva tout court che in abbinamento con il pesce si deve bere il vino bianco? Salvo poi scoprire che le eccezioni diventavano la regola: ci sono tanti – e diversi tra loro – vini bianchi e altrettanti vini rossi allettanti con il pesce.

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Premessa, doverosa: i gusti dei sake contemporanei, che i produttori giapponesi propongono, sono il frutto di una moderna evoluzione e di una attenta selezione di questi anni e dei nostri tempi. Il sake di oggi non è quello di quarant’anni fa, anzi rispecchia un salto di qualità e riporta ad un momento di maturità della produzione giapponese: e lo si sente così al naso come al palato. Il sake di oggi soddisfa anche i più esigenti e chi cerca una bevanda fine e raffinata, così come trendy e per niente scontata.

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Il sake dal canto suo nasce come bevanda che accompagna il cibo e che, in Occidente, si può declinare con un antipasto, con un primo oppure un secondo, insomma a tutto pasto. Il sake a tavola tende a creare un’armonia tra i cibi, esaltandone ora l’equilibrio ora la sapidità. Il sake, rispetto al vino, ha in meno un terzo di acidità e, mancando di tannini, un corpo sinuoso che solo in alcuni casi può acquistare uno spessore quando si vanno a prendere sake speciali (Hakuryu K9 genshu, valga per tutti). Nella scelta dell’abbinamento, seguire l’assonanza è senz’altro il primo passo: cibo dai gusti leggeri sake dai gusti floreali e fruttati; cibi robusti e corposi, sake aromatici e speziati.

Vi suggeriamo una semplice regola di condotta con il sake a tavola. Aprite le danze con un sake morbido, floreale o fruttato, freddo nel calice da vino, (Hakuryu Junmai Daiginjo, per esempio) come aperitivo con l’antipasto e proseguite con una prima portata leggera ed una seconda a base di pesce o verdure. Questa risulterà una opzione  vincente e senza complicazioni. Se, invece, vorrete continuare con una pietanza più succulenta o robusta, potrete scegliere un sake più secco (della stessa cantina Hakuryu Tokubetsu Junmai). Assaggiando due sake della stessa cantina avrete così un ulteriore vantaggio: costruirete un termine di paragone e comincerete a comprendere le differenze all’interno della stessa cantina. Potrete ben dire di essere sulla giusta strada per conoscere il sake.

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Mikunihare shuzo.

Suggerimenti per le ricette? In Italia siamo fortunati, abbiamo delle ottime materie prime naturali che esaltano i sapori e creano architetture di gusto strabilianti. Oltretutto Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia sono i maggiori produttori d’Europa di riso. E il sake è fatto con il riso. Per cui sake e riso sono già un ottimo abbinamento per niente scontato se guardiamo alle ricette che possiamo trovare nel nostro dna gastronomico oppure su internet… Con poco si fa molto. Omelette, ostriche, spaghetti o riso, carni bianche, cruditè e pinzimonio per i primi; formaggi , sformati, carni rosse, verdure grigliate, fritture per i secondi, e solo per fare qualche esempio. Niente di più facile, basta provare.

E allora proviamo. Qui trovate le coordinate di massima. Prenderemo i nostri sake e vediamo quali soluzioni possiamo offrire in casa nostra. Innanzitutto, bisogna decidere se servire pesce o carne. E gli antipasti? Non vorremo rinunciare mica agli antipasti? Formaggi freschi o stagionati, oppure – perché no? – verdure in pinzimonio con un bell’olio d’oliva, toscano magari. Di certo con il pesce la combinazione salta subito agli occhi ma quale pesce? Con cruditè di tonno o tartare di carne ed anche con un pesce lessato o un bollito magro con mostarda di frutta candita si consiglia un Ginjo o un Daiginjo serviti freddi nel calice, e tra quelli che trovate sul nostro sito sono da segnalare: Maboroshi no Taki Junmai Ginjo, Houraisen Junmai Daiginjo Bi, Houraisen Junmai Ginjo Wa, Hakuryu Junmai Daiginjo e Akitora Junmai Ginjo. Allo stesso modo potremo abbinarci: ostriche, baccalà mantecato, spaghetti con pomodoro fresco ai frutti di mare oppure risotto all’aragosta, alla zucca e parmigiano, alla mela e gamberetti. Spostandoci sull’altro versante, formaggi freschi, insalata di ovuli, carpaccio e non dimentichiamoci delle omelette!  

Con il pesce, verdura o carne bianca grigliata piuttosto che con formaggi semi o stagionati: categoria Junmai e Tokubetsu Junmai. E quindi: Akitora Junmai con un pecorino stagionato come antipasto; come primo piatto un bel risotto con funghi e gamberi al curry o risotto ai quattro formaggi con mentuccia; per finire con uno spezzatino di vitello oppure uno sformato di verdure di stagione; Hakuryu Tokubetsu Junmai e Schichihonyari Junmai risotto integrale ai funghi porcini oppure risotto al radicchio e salsiccia, una carne rossa o verdure alla griglia, funghi porcini o carciofi fritti; piuttosto che un Meisui no kura Tokubetsu Junmai o un Tokubetsu Junmai Beshi con uno spaghetto alla bottarga, pesce azzurro o  fiori di zucca fritti. Se poi vi piace scommettere e vi piacciono gli outsiders, eccovi due suggerimenti. Hakuryu Junmai Ginjo con un pecorino toscano semistagionato oppure spaghetti con salmone agli odori di agrumi o limone; risotto mela, cannella e toma, filetto di maiale con mela. E gli ultimi due  autentici fuoriclasse sono: Chikuha Noto Junmai, morbido e di facile beva, in abbinamento con pecorino marzolino e baccelli, risotto al baccalà e limone o risotto con rucola stracchino e pinoli, e con un secondo di mare come rombo all’arancia; e per finire, Chikuha Junmaishu della stessa cantina la versione di un sake più secco, in abbinamento con pasta integrale ai formaggi o risotto con radicchio e scamorza, piuttosto che arrosto di vitello, scaloppine ai funghi o polpette al forno.

Quindi, senza pretendere di avere una cucina stellata, in casa è possibile creare degli abbinamenti con il sake che sono alla portata di tutti senza prescindere la qualità. Il sake valorizza gli alimenti e farà diventare la vostra esperienza, anche quella più quotidiana, più saporita: alla ricerca di nuovi gusti mai porsi limiti per arrivare a leccarsi le dita.

Infine, un ultimo suggerimento: in questo periodo costretti alla delivery dipendenza, il sake si può anche farselo portare a casa. Gratis!

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LEGENDA SINTETICA.

PER TIPO DI SAKE

Junmai: spaghetti al pomodoro e olive nere; risotto integrale ai funghi porcini oppure risotto al radicchio e salsiccia; carne rossa o verdure alla griglia, funghi porcini o carciofi fritti; spezzatino di vitello oppure uno sformato di verdure di stagione. Formaggi semi stagionati; melanzane alla parmigiana; carciofi ripieni; polpettone di patate e fagiolini.

Honjozo: lasagne con carciofi; riosotto funghi e porri; funghi porcini o carciofi fritti; ramen; asparagi in cocotte; carni grasse; pesce azzurro; peperoni ripieni.

Junmai Ginjo: polpette di zucchine  carote; insalata catalana; baccalà; spaghetti con pomodoro fresco ai frutti di mare oppure risotto all’aragosta, alla zucca e parmigiano, alla mela e gamberetti; Formaggio fresco; seppie e sedano; insalata di polpo; pollo al curry; spezzatino di tacchino con piselli; porri o finocchi gratinati.

Junmai Daiginjo: ostriche; tartare di carne; risotto all’aragosta, alla zucca e parmigiano, alla mela e gamberetti; insalata di pollo; verdure di stagione; insalata di verdure con tofu; carote arrostite con mirtilli rossi; verdure al forno.